A Venezia una nuova, incredibile installazione site-specific dell’artista tedesco invita il visitatore a riflettere e a interrogarsi sulla storia.
Anselm Kiefer a Palazzo Ducale lascia tutti a bocca aperta. Entrare nella Sala dello Scrutinio, uno degli spazi più importanti del Palazzo dove veniva eletto il Doge, e ammirare le opere contemporanee in dialogo con la storia, è un’esperienza che non lascia indifferenti. Nel monumentale lavoro site-specific di Kiefer troviamo storia, filosofia, Nord, Sud, Oriente e Occidente, temi che si sposano perfettamente con i dipinti di Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio, Tiziano, Veronese, Tintoretto solo per citarne alcuni, che in queste sale celebrano il potere della Serenissima Repubblica di Venezia.

Le opere di Kiefer sono ricche di rimandi filosofici e letterari: non a caso il titolo dell’installazione, Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce, è una citazione dagli scritti del filosofo veneto Andrea Emo (1901-1983), di cui Kiefer condivide la visione.
Racconta lo stesso Kiefer: “Come gli scritti di Andrea Emo consegnati al fuoco virtuale, i miei quadri sono soggetti a un processo di effettivo annientamento: li distruggo per davvero oppure li metto all’aperto, li espongo alle diverse condizioni atmosferiche: il caldo torrido, la pioggia, la neve. Solo allora essi diventano particolari, ossia individuali”.
Le tele che ricoprono la Sala della Quarantia Civil Nova e la Sala dello Scrutinio coinvolgono il visitatore in una riflessione non solo sul presente, ma anche sulla storia. Quella di Kiefer è una pittura materica fatta di paglia e corda, acrilico, resina, acciaio, legno, foglia d’oro, scarpe e filo metallico, che sembrano prendere vita: l’occhio del visitatore però è catturato anche da tanti altri elementi che emergono dalle tele, ricchi di rimandi.

All’ingresso della mostra spicca infatti la citazione Questi scritti, quando verranno bruciati, daranno finalmente un po’ di luce unita a libri bruciati che pendono su uno sfondo ricco di pali e bagliori di luce. Ma il vero stupore si ha entrando nella sala successiva, dove il visitatore è lasciato libero di interpretare i numerosi segni e simboli che caratterizzano le tele. Andrea Emo quindi non è il solo riferimento di Kiefer, che prende spunto anche dal Faust di Goethe, dalle teorie di Alfred Wegener sulla deriva dei continenti, dal Vecchio e Nuovo Testamento, e da filosofie provenienti dal Nord, dal Sud, dall’Oriente e dall’Occidente.
Ecco quindi spiegato il perché delle barene ghiacciate, delle uniformi che evocano la potenza della Serenissima sulla terraferma, dei sommergibili che rimandano alla potenza di Venezia sul mare, della bara contenente le reliquie di San Marco, della scala che ricorda quella di Giacobbe e dei i carrelli della spesa, ciascuno con una targhetta di zinco che lo assegna a un doge.

Un’arte quella di Kiefer in grado di interrogare, far riflettere e aprire orizzonti ben oltre le aspettative, come la stessa curatrice Gabriella Belli, insieme a Janne Sirén, si domanda: “Quanti lasceranno con disappunto la sala e quanti si immergeranno invece in queste rovine contemporanee e prenderanno coscienza di come l’arte possa ancora essere un terreno fertile per coltivare domande e quesiti, anche se apre ai nostri occhi verità inaccessibili, anche se ci mostra il buio, la luce e il buio ancora di questo secolo da poco iniziato ma gravido di dolori e di oscuri presagi?”.
Per rispondere a questa domanda la soluzione è solo una: visitare questa imperdibile mostra, aperta al pubblico fino al 29 ottobre 2022.
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