La tecnologia è il presente, rappresenta il futuro e l’arte, da sempre in grado di scandire e assecondare l’evoluzione del tempo, abbraccia questo mondo da circa quattro anni.
E’ stato proprio il binomio digitale – arte il protagonista del secondo incontro, appartenente al ciclo di eventi “Talks @ Fondaco Marcello”, suggestivo spazio ora dedicato alla mostra “Totem” firmata dall’artista Wallace Chan. Le esperienze, posizioni e visioni per il futuro degli NFT, i “gettoni non fungibili” nelle belle arti, sono stati i principali temi su cui si sono confrontati Mattia Cuttini, cripto artista, e a Filippo Lorenzin, direttore artistico del Museum of Contemporary Digital Art. Con il compito di relatore e moderatore, l’artista HECK, Herwig Egon Casadoro-Kopp.

Abbiamo ripercorso lo sviluppo della conversazione, che si è svolta davanti a un pubblico molto interessato e in un’atmosfera di reale scambio, con Cuttini e Lorenzin l’indomani della loro partecipazione veneziana. «Sono stati diversi – rivela Cuttini – i momenti in cui si è creato uno sbilanciamento: sono quelli dove c’è un vero confronto. I più interessanti sono stati anche i più imbarazzanti, come ad esempio, il definire chi è un artista e che cosa è un’opera d’arte: non è certo facile». Lorenzin, in particolar modo, ritiene salienti due passaggi della conversazione che «hanno fatto riferimento ad aspetti non ovvi». E continua: «La primissima domanda relativa al futuro degli NFT nel mondo dell’arte, come ho detto durante l’incontro, è stata importante perché si possa pensare alla tecnologia come ad un pennello. Bisogna cambiare la prospettiva: non sono i non-fungible token il futuro dell’arte, ma il contrario. E’ una tecnologia che va a modificare il mondo artistico». Per il curatore, inoltre, discutere su blockchain e sul metaverso, sui limiti e sulle opportunità, è stato un altro momento importante proprio perché «è fondamentale concentrarsi sul fatto che più creativi hanno accesso a questi dispositivi, più soluzioni semplici per il pubblico verranno a svilupparsi. – continua – Alla base, l’arte contemporanea è interessante perché fatta da individui che vivono sullo stesso pianeta del pubblico che fruisce delle loro opere. Da un certo punto di vista, l’arte digitale dovrebbe essere molto più adatta a essere recepita e apprezzata proprio perché gli artisti utilizzano strumenti che le persone usano tutti i giorni. E’ più vicino al quotidiano». Quindi, cercare di cambiare la prospettiva del pubblico, dando la possibilità di avvicinarsi all’arte digitale. Per questo motivo, Lorenzin definisce la Crypto Art e i non-fungible token come distribuiti, decentralizzati e, soprattutto, pervasivi: «E’ una tecnologia che pervade, non è qualcosa a cui si può avere accesso in un determinato punto: sono ovunque, è la loro forza. Sono molto più accessibili rispetto alle collezioni tradizionali».

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