A Bologna esiste ancora un luogo dove l’errore e la sperimentazione non sono vietati: Adiacenze, molto più che un semplice spazio espositivo.
Per il secondo appuntamento della rubrica SUPER FRESH ho raggiunto la città di Bologna e vi giuro che non avevo mai compreso l’importanza dei portici fino a questo momento.
Oggi il cielo è grigio e, dalle nuvole, continua a cadere pioggia incessantemente. L’asfalto sotto i miei piedi è impregnato d’acqua, ma mi è bastato entrare in via dell’Indipendenza per chiudere l’ombrello e continuare a camminare senza bagnarmi. In quella via, i portici ti accompagnano fino alla Basilica di San Petronio, ed è proprio dietro a quella magnifica struttura, che il tempo ha lasciato a metà, che ho appuntamento con i nuovi ospiti di questa mia rubrica.
Una volta attraversata Piazza de’ Celestini, mi immergo in Vicolo Spirito Santo e dopo pochi passi trovo sulla destra un ingresso vetrato, simile a quello di un’officina.
Al di là della porta finestra vedo Amerigo e Giorgia intenti a parlare: sono loro i due direttori artistici di Adiacenze.
A voler essere precisi è stato Amerigo Mariotti a fondare lo spazio, insieme a Daniela Tozzi, nel 2010. Giorgia Tronconi, invece, è subentrata successivamente, proseguendo e implementando la sperimentazione di quel luogo.
Entro, e mi accolgono due volti simpatici. Si percepisce fin da subito l’identità forte di questo spazio, le pareti trasudano di storia e di vissuto.
La ristrutturazione non ha snaturato l’essenza del luogo, creando uno spazio espositivo sincero, senza cadere nel solito White Cube.
Ci sediamo su comode poltrone e iniziamo la nostra chiacchierata. Giorgia prima di cominciare mi allunga un maglione di lana, effettivamente fa abbastanza freddo, vorrei accettarlo, ma una spinta di orgoglio me lo fa rifiutare: «No, no, grazie. Sto bene così!».

Inizialmente Adiacenze si trovava in un’altro spazio e con il tempo ha cambiato diverse sedi a Bologna. L’idea però è sempre stata quella di creare un luogo dove gli artisti potessero realizzare la loro prima mostra: una sorta di collegamento tra l’Accademia e il mondo dell’arte; una prima possibilità di confrontarsi con uno spazio espositivo, con un team di curatori, e di esporre le loro opere nella più totale libertà, senza vincoli di mercato.
L’essenza alla base di questo progetto è proprio quella di rischiare, concedendosi anche la possibilità di sbagliare. In un momento storico in cui l’errore sembra essere associato solo al fallimento, qui ad Adiacenze gli artisti possono commettere errori, perché come mi dice Giorgia, lo sbaglio fa parte del processo di sperimentazione.
Nel corso di questi dieci anni di vita Adiacenze ha saputo trasformarsi e creare una rete solida con artisti, Istituzioni pubbliche, Accademie, Gallerie d’arte e spazi indipendenti. Infatti, sia Giorgia che Amerigo ritengono che Adiacenze non si possa definire solo nello spazio, ma più nell’idea di un collettivo curatoriale.

Mentre stiamo parlando, resto sorpreso dal numero e dalla qualità delle attività che hanno avviato.
Una su tutti è sicuramente Prospettive, il loro progetto di residenza in Emilia Romagna, dove gli artisti vengono invitati a lavorare e a mettersi a confronto con le comunità locali. Nel corso di un mese di residenza, gli artisti stessi realizzano un’opera, che diventa un omaggio al territorio nel quale essa ha avuto origine. Ogni anno, vengono coinvolti dei comuni diversi, intessendo relazioni uniche e autentiche.
Nell’edizione di quest’anno le città coinvolte sono state quattro e per ognuna di esse è stato scelto un artista diverso. La cosa curiosa è che sono gli stessi Giorgia e Amerigo ad affiancare l’artista durante la residenza, accompagnandolo durante tutto il processo creativo.
Attraverso queste attività partecipative, le comunità locali li accolgono e si sentono coinvolti nel processo di creazione delle opere. La tipologia di lavoro site specific che viene adottata nei progetti di residenza, la si ritrova anche nei lavori che vengono esposti a Bologna.

Ci alziamo ed entriamo nel cuore di Adiacenze: visitiamo lo spazio espositivo. In questo momento è in corso, fino al 22 dicembre, la mostra personale di Eléonore Griveau, RUNNING OUT.
L’esposizione è frutto del nuovo progetto internazionale SWAP – international residency and exhibition project, che mi spiegano essere uno scambio tra spazi e artisti, a livello internazionale. L’idea è quella di mescolare culture e contesti diversi, dando vita a opere e a collaborazioni uniche.
La prima edizione ha preso avvio tra marzo e aprile 2022 con una residenza di tre settimane e una mostra del duo artistico bolognese Antonello Ghezzi (Nadia Antonello e Paolo Ghezzi) a Bergen, in Norvegia.
A questa prima tappa ha fatto seguito la residenza e poi l’attuale mostra dell’artista norvegese Eléonore Griveau.

L’esposizione parla del luogo e di quella presenza nascosta che attraversa tutta Bologna: l’acqua.
Una fitta rete di canali, che un tempo animava la città sia economicamente, sia dal punto di vista sociale, oggi viene conservata in quello spazio sotto forma di memoria, attraverso la ricerca artistica.
Se si scende nel piano inferiore di Adiacenze, l’installazione dell’artista norvegese, racconta una storia che sembra essere solo passato: lo spazio è stato trasformato in un letto di un fiume abbandonato. Tuttavia, l’umidità che si fa spazio tra la pietra del pavimento, tradisce quella narrazione e ci rivela quella che è la verità: l’acqua è stata solo nascosta da quell’edificio, poiché coperta dal cemento, ma è ancora lì che scorre e si fa spazio sotto secoli di storia.

Ormai è quasi ora di pranzo, risaliamo per la scala a chiocciola e ci avviamo verso l’uscita.
Dopo queste ore passate con Giorgia e Amerigo, comprendo che la vera essenza di Adiacenze sia proprio il luogo espositivo stesso, dove la storia e il rispetto del territorio sono gli elementi necessari per raccontare e ripristinare una rete di flussi e di relazioni, simili a quei piccoli canali che attraversano silenziosamente la città e che, al giorno d’oggi, sembrano essere stati dimenticati.

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