A due passi da Venezia novanta pittori si avventurano in imprese “non ordinarie” dando vita a un luogo unico nel suo genere. Extra Ordinario: il workshop che non ti aspetti.
Piazzale Roma a Venezia è sempre stato percepito come l’ultima traccia della terraferma. Da lì in poi la città si trasforma, cambia la sua natura e tutto assume una nuova sensazione. L’acqua si sostituisce all’asfalto e le barche alle auto.
Va beh, tutto questo ovviamente lo saprete già, quindi evito di proseguire per non cadere nei cliché.
Piazzale Roma è collegato alla terraferma da un ponte lungo circa quattro chilometri, che taglia tutta la laguna. Quella linea retta è attraversata ogni giorno da autobus, camion, auto, tram, bici e treni. All’inizio di questo ponte si trova il Parco Scientifico VEGA, che è composto da diverse strutture vetrate ed enormi, così enigmatiche da sembrare edifici di un distaccamento della NASA; o almeno questo è quello che ci vedo io ogni volta che lo osservo.
È proprio lì che qualche settimana fa, a fine novembre, ho visitato il padiglione ANTARES, una struttura di mille metri quadri che assomiglia a un capannone di latta e che potrebbe essere scambiato dall’esterno per una sala caldaie di un’azienda ultramoderna.
Una costruzione che non rende giustizia alla stessa parola Antares, visto che viene presa in prestito dal nome della stella più luminosa della costellazione dello Scorpione.

Se si parte da Venezia per raggiungere il VEGA si può prendere qualsiasi autobus e scendere alla fermata di Stazione Porto Marghera. Poco più avanti della pensilina dell’autobus, un po’ nascosto, si trova il sottopassaggio della stazione, un luogo all’apparenza degradato e molto desolante che qualsiasi sconosciuto avrebbe paura ad attraversare.
Tuttavia, devo ammettere che nonostante mi sia capitato di passarci innumerevoli volte, non è mai capitato niente da annoverare. Una volta attraversato si è praticamente arrivati.
Sulla porta di ANTARES mi attende Nico Covre, uno dei curatori di Extra Ordinario.
Dalla sua bocca fuoriesce una nuvola di fumo prodotta dalla sigaretta elettronica che porta sempre con sé. Oltre ad essere un amico, Nico è un ottimo direttore creativo con anche delle spiccate doti curatoriali. È lui che mi guiderà oggi e mi racconterà di “Extra Ordinario”, che è orami giunto alla sua terza edizione.
Il progetto nasce nel 2020 dalla collaborazione tra Vulcano Agency, la nota agenzia creativa che ha messo a disposizione i propri spazi a Marghera seguendo la propria consolidata inclinazione verso l’arte contemporanea, e il collettivo Atelier F della scuola di Pittura dell’Accademia di Belle Arti di Venezia.

L’impatto che si ha quando si entra all’interno dell’edificio è notevole, lo stesso Riccardo Caldura, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia un tempo lo aveva descritto come “la cattedrale della pittura”, una definizione decisamente azzeccata.
All’incirca novanta artisti, tra studenti e pittori affermati, lavorano di fronte a tele di diverse dimensioni. Qualcuno si lancia in imprese “extra ordinarie” mettendosi a lottare contro tele enormi, qualcun altro, invece, lavora su tavoli di fortuna disegnando su piccole tele o su carta recuperata.
Ognuno lì dentro è libero di scegliere la propria sfida. Ed è così che questi artisti lavorano per più di novanta giorni.
“Extra ordinario” non è possibile definirlo né una residenza, né un spazio espositivo, ha una natura ibrida e complessa che qualcuno ha provato a racchiudere nella parola “workshop”.

Nico mi presenta gli artisti, mi mostra le loro opere, ed è impressionante come tante tematiche e tecniche diverse riescano a convivere in quello spazio enorme.
Passeggiando lì dentro si notano infatti scorci incredibili: battaglie medievali, paesaggi incantati, personaggi misteriosi, animali selvaggi, capezzoli, chiappe e corpi nudi che spuntano da ogni angolo come proiezioni delle soggettività di ogni artista.
Quei pittori provengono tutti dall’Atelier F, il magma, neanche poi così troppo silenzioso, del substrato artistico e culturale dell’isola di Venezia.
Da quel vivaio escono ogni anno i principali pittori di cui il mercato dell’arte si impossessa regolarmente.
Provengono da lì quegli artisti che siamo soliti vedere nelle fiere italiane e in qualche galleria del nostro Bel paese. Un collettivo informale che si è costituito all’interno dei corsi di pittura dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, sulla base di un percorso di ricerca intergenerazionale.
L’Atelier F è attivo da più di venticinque anni come una vera e propria scuola artistica veneziana nata dai corsi dei professori Carlo Di Raco, Miriam Pertegato e Martino Scavezzon.

Il progetto “Extra Ordinario” è stato concepito con la volontà di dare vita a un inedito dialogo, libero e di ampio respiro, tra realtà apparentemente agli antipodi: quella aziendale e quella del mondo dell’arte e della formazione artistica.
Il progetto – curato da Daniele Capra, Nico Covre, Carlo Di Raco e Martino Scavezzon – ha visto, anche quest’anno, per tre mesi gli artisti al lavoro in un continuo e reciproco scambio.
Il risultato è un contesto carico di energia in cui il processo creativo è alimentato dall’esperienza stessa data dalla partecipazione degli artisti coinvolti ma anche dai curatori e dalle innumerevoli visite organizzate per galleristi, collezionisti e giornalisti.
Dentro al padiglione le narici vengono irritate dall’odore dei colori ad olio e da quello dei diluenti; libri aperti, immagini stampate dalle quali gli artisti traggono ispirazione creano un ambiente all’apparenza caotico e disordinato.
C’è chi è assorto completamente ovattato dalla musica che proviene dalle cuffie, c’è chi parla con il vicino di tela, chi si scambia un consiglio o chi esce fuori a fumarsi una sigaretta.
Giorno dopo giorno, le immagini iniziano a prendere forma da quelle tele bianche, tutto nasce dallo scambio, uno scambio umano e sincero.
I curatori sono sempre disponibili a dialogare con gli artisti e tutto si muove in un rapporto alla pari dove ognuno può dire la sua.

Sono tre anni che vengo a visitare questo progetto, lo osservo e ogni volta ne resto affascinato.
Potrei raccontarvi molto altro, come la storia della battaglia divina apparsa sul cofano della panda bianca del nonno di Leonardo Furlan, dei gatti e delle danze macabre dove Francesco Ronchi si ritrae sotto mentite spoglie, le strane battaglie tra cavalieri corazzati e giochi moderni di Weichaeo Chen, per non parlare degli esplosivi perizomi e degli slip rigonfi, messi sempre in primo piano nei quadri di Leonardo Wei, fino a quella sensazione di minaccia e spaesamento che si prova di fronte ai dipinti di Bogdan Koshevoy.
Ce ne sarebbero sicuramente altri che dovrebbero essere citati e descritti ampiamente come Francesco Zanatta, Alessandro Miotti, Jingge Dong, Nebojša Despotović, Thomas Braida, Gaia Gasparetto, Pierluigi Scandiuzzi, Federico Polloni, Celeste Dalla Libera, Margherita Mezzetti e se non mi fermo rischierei di citarli tutti, ma non posso.
Con questo pezzo si conclude il 2022 per questa rubrica, “SUPER FRESH. I magnifici anni ’20” tornerà con un nuovo spazio che dovrà essere raccontato.

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