Opere ambientali, disegni a parete, video e tracce sonore che restituiscono una topografia inedita di una selezione dei lavori dell’artista sudafricana
Terra, acqua, carbone, cenere, argilla, coniugati con l’estetica del linguaggio digitale e tecnologico, sperimentazioni video e sonore, lavori scultorei e installativi danno vita alle potenti narrazioni di Dineo Seshee Bopape (1981, Polokwane, Sudafrica). Attingendo alle vicende del suo paese e di altri luoghi, l’artista crea racconti in cui archetipi ancestrali ed elementi primari (roccia, acqua, fuoco e aria), sono essenziali per trasporre e portare alla luce fatti “personali” e sociali. In questo modo, Dineo ripensa la storia, evoca il lutto e si fa testimone di traumi socio-politici.
Nella mostra Born in the first light of the morning [moswara’marapo] – la prima antologica dedicata all’artista, organizzata all’Hangar Bicocca a Milano – a cura di Lucia Aspesi e Fiammetta Griccioli, traspare il desiderio di connessione con il mondo, con l’ovunque e l’altrove, con la natura.
Con la sua opera Bopape interroga inoltre il concetto di archivio, gli effetti del colonialismo e la funzione politica e spirituale della memoria una riflessione intrisa di lirismo, offrendo una riflessione sui concetti di memoria, materiale e socio-politica, e di riconciliazione interiore e con la storia. E Bopape lo fa unendo materiali organici, blocchi di terra, pezzi di argilla con impressi palmi di mani, strutture a cupola, gli elementi più riconoscibili e ricorrenti del lavoro dell’artista, combinati per dar vita a installazioni, che raccolgono e conservano tracce del passato, memorie e storie collettive.

Prende così forma l’opera Lerole: footnotes (The struggle of memory against forgetting) (2017), composta da come mattoni di terra cruda argilla, carbone, ceramica, pigmenti, foglia d’oro e varie erbe curative. Elementi naturali intervallati da giradischi, che tramettono il fragore dell’acqua e, in mezzo, il cinguettio del quetzal, un uccello dell’America Centrale sacro per la mitologia maya, azteca e per altre culture, considerato un simbolo di libertà. Ispirandosi a questa figura leggendaria, Bopape affianca l’immagine del quetzal a una narrazione di eventi storici della resistenza anticoloniale. Una narrazione corale e un monumento effimero ispirato dai testi dello scrittore afroamericano James Baldwin (1924 -1987), dalla figura del politico sudafricano Robert Sobukwe (1924–1978), fondatore del Congresso Panafricanista, che fu tenuto prigioniero in isolamento su Robben Island durante l’apartheid, e dagli innumerevoli combattenti per la libertà.
Nelle grandi strutture a cupola site specific (and- in. the light of this.______, 2017/2022 e Mothabeng, 2022) prendono forma gli archetipi di paesaggi e villaggi africani: ambienti estetici immersivi arricchiti da componenti e suggestioni visive e olfattive.
Il titolo stesso dell’esposizione evoca uno stato di rinascita o di transizione: Dineo incoraggia a ripensare il concetto stesso di opera d’arte come tramite tra mondi materiali e immateriali, esperienze e tempi differenti. Proprio a partire dalla scelta di utilizzare sia l’inglese sia il SePedi, una delle lingue Bantu del Sudafrica e sua lingua madre, l’artista estende concettualmente i parametri del suo lavoro.

Accanto ai lavori esposti precedentemente in altri sedi, l’Hangar ospita lerato laka le a phela le a phela le a phela / my love is alive, is alive, is alive (2022), commissionato da TBA21–Academy e co-prodotto con Pirelli Hangar Bicocca.
Presentato nell’aprile del 2022 all’Ocean Space di Venezia, è un viaggio lirico nel tempo; un’installazione ambientale composta da strutture in legno e pietre con una disposizione a cerchio. Una dimensione intima sui cui sono proiettate immagini video di riprese acquatiche. La camera si immerge e riemerge, catturando la mano dell’artista che tamburella sull’acqua o che getta nell’oceano latte, frutti e fiori, come delle offerte votive, accarezzando, ammansendolo, accompagnata dai rumori del mare e delle onde come una litania ritmica di un rituale o di una cerimonia.
Il ritornello cantato da Bopape, riprende il testo della canzone di Lucky Dube, la cui melodia è apparsa in sogno all’artista durante un periodo di ricerca condotto dall’artista in Giamaica, nelle Isole Salomone, fino all’Africa occidentale e alle piantagioni lungo il fiume Mississippi, in un intreccio di diverse componenti narrative – il viaggio, l’oceano, il canto, il sogno – che richiama secoli di diaspora africana e storie più antiche della civiltà umana.


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