La Biennale Architettura di Lesley Lokko

L’Africa al centro della riflessione sul costruire, immaginando un futuro più equo, decolonizzato e decarbonizzato.

E’ una Biennale del cambiamento, o meglio di rottura, quella presentata dalla pluripremiata docente anglo-ghanese Lesley Lokko, la prima donna nera a dirigere la Mostra di Architettura, “The Laboratory of the future” che si terrà quest’anno a Venezia dal 20 maggio al 26 novembre.

Il primo radicale cambiamento proposto sarà il totale ribaltamento tra le presenze africane e quelle occidentali in mostra: l’Africa (e la sua diaspora) infatti sarà la protagonista indiscussa, come mai è avvenuto prima d’ora. “Una sfida” – ha affermato la Lokko nel corso della presentazione, avvenuta a Venezia il giorno di martedì grasso. “Nell’architettura, la voce dominante è stata storicamente una voce singolare ed esclusiva, la cui portata e il cui potere hanno ignorato vaste fasce di umanità – dal punto di vista finanziario, creativo e concettuale – come se si ascoltasse e si parlasse in un’unica lingua. La “storia” dell’architettura è quindi incompleta. Non sbagliata, ma incompleta. Ecco perché le mostre sono importanti. Costituiscono un’occasione unica in cui arricchire, cambiare o rinarrare una storia”.

New South Mediterranean 2017 Photograph Photo New South Courtesy of New South

“The Laboratory of the Future” sarà una mostra in sei parti, articolate nelle sezioni principali: Force Majeure, Dangerous Liaisons, più le sezioni emergenti: Food, Agriculture & Climate Change, Gender & Geography, Mnemonic, Guests from the Future, a cui si aggiungeranno tre partecipazioni speciali di ambito non attinente all’architettura con progetti speciali del regista Amos Gitai, del fotografo James Morris e il poeta-architetto Rhael ‘LionHeart’ Cape. L’esposizione si svilupperà come di consueto tra il Padiglione Centrale ai Giardini, il complesso dell’Arsenale e Forte Marghera a Mestre e che vedrà 89 partecipanti, di cui oltre la metà provenienti dall’Africa o dalla diaspora africana. Una mostra che già nelle intenzioni rispetta l’equilibrio di genere e in cui l’età media dei “practitioners” – “le condizioni dense e complesse dell’Africa e di un mondo in rapida ibridazione richiedono una comprensione diversa e più ampia del termine “architetto” afferma Lokko – è di 43 anni nella sezione principale e 37 nelle sezioni emergenti e, per la prima volta in assoluto, quasi la metà di loro proviene da piccoli studi a conduzione individuale o composti da un massimo di cinque persone. Pochissimi quindi i volti noti del mondo dell’architettura che siamo soliti incontrare in questo tipo di manifestazioni.

Andrew Ó Murchú Grassland Science Department, Carlow, Ireland 2021 Digital Photo Copyright of BothAnd Group

Al centro della riflessione di Lesley Lokko c’è l’immaginazione: per arrivare a costruire un mondo migliore, decolonizzato e decarbonizzato è fondamentale prima immaginarlo. “Una mostra di architettura è allo stesso tempo un momento e un processo. Prende in prestito struttura e formato dalle mostre d’arte, ma se ne distingue per aspetti critici che spesso passano inosservati. Oltre al desiderio di raccontare una storia, anche le questioni legate alla produzione, alle risorse e alla rappresentazione sono centrali nel modo in cui una mostra di architettura viene al mondo, eppure vengono riconosciute e discusse di rado.”

La 18. Mostra Internazionale di Architettura, sarà quindi la prima grande Mostra organizzata dalla Biennale di Venezia – dopo aver ricevuto nel 2022 la certificazione di neutralità carbonica per tutte le proprie manifestazioni – a sperimentare sul campo un percorso per il raggiungimento della neutralità carbonica.

Casa di BelMondo, Belmonte Calabro (CS) 2019-ongoing . Collective refurbishment , Sizes 300 m 2 . Photo Antonio d'Agostino. Courtesy of La Rivoluzione delle Seppie Copyright orizzontale
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Regina Gritti
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