La Fondazione Ligabue promuove a Venezia una straordinaria mostra dedicata allo sviluppo del genere della caricatura in un percorso di continuità che dal ‘400 arriva fino alla metà del secolo scorso
La deformazione dei volti della fine del ‘400 come anticamera della caricatura che caratterizzerà i secoli successi, soprattutto dal ‘700 in poi. Parte da qui la meravigliosa ed elegante mostra De’ visi mostruosi e caricature. Da Leonardo da Vinci a Bacon, promossa della Fondazione Giancarlo Ligabue e ospitata, fino al 27 aprile 2023, a Palazzo Loredan a Venezia, sede dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti.
Il percorso, che si sviluppa con oltre 75 opere esposte nelle sale al primo piano del Palazzo, è un viaggio che accompagna il visitatore alla scoperta di un genere meno comune rispetto al classico oggetto d’arte. Il mondo in cui veniamo accolti è sicuramente straniante e affascinante, fatto di “teste caricate” e “grottesche”, volti deformi e figure caricaturali, realizzate dai grandi artisti attivi in Italia settentrionale tra il XVI e il XVIII secolo.

L’obiettivo, centrato, della mostra curata da Pietro C. Marani, è quello di mettere in luce una linea di continuità appunto “settentrionale” nello sviluppo del singolare genere della caricatura, che parte dai “visi mostruosi” di Leonardo e dalle “pitture ridicole” dei Lombardi per poi fiorire a Venezia nella prima metà del Settecento.
De’ visi mostruosi e caricature si apre con Leonardo da Vinci e i suoi 18 splendidi disegni autografi, prestati eccezionalmente dalla Veneranda Biblioteca Ambrosiana, dalla Pinacoteca di Brera e dalla Devonshire Collections di Chatsworth, oltre alla nota “Testa di Vecchia” dalla Collezione Ligabue. De’ visi mostruosi non parlo, perché senza fatica si tengono a mente, si legge così tra le annotazioni di Leonardo nel Codice Atlantico e Trattato della Pittura: è molto probabile quindi che Leonardo stesse raccogliendo, per uno dei suoi tanti “trattati”, tipi e tipologie di ritratti di personaggi mostruosi tratti dalla vita comune.

A tutti gli effetti i disegni leonardeschi esposti in mostra non si possono definire caricaturali – intesi come diretti allo scherno o all’ironia – né “grotteschi”, nei quali solitamente elementi zoomorfi si associano a elementi umani. Quelle di Leonardo sono allora “teste caricate”, in cui si accentuano aspetti fisiognomici per sottolineare caratteri, peculiarità, vizi o virtù del personaggio rappresentato. Sono disegni che stupiscono per la raffinatezza del tratto e per la capacità di Leonardo di giocare con questi tipi umani: basti pensare alla Testa grottesca di donna in profilo verso sinistra (scelta anche come immagine di copertina del catalogo, edito da Marsilio Arte) o alla Testa grottesca raffigurante il capo e la mezza figura di un personaggio maschile. In questo caso si possono chiaramente identificare il naso adunco, il mento sfuggente e la bocca semiaperta, tratti che conferiscono al volto, con pochi veloci tratti di penna, sembianze quasi di uccello rapace.

Nella sala successiva vengono riuniti le teste grottesche e ridicole del Nord realizzate tra gli ultimi decenni del Cinquecento e i primi del secolo successivo. Tra gli artisti spiccano Giovan Paolo Lomazzo (1538-1592) e quelli riuniti intorno a lui nell’Accademia della Val di Blenio – un sodalizio antiletterario e antiumanistico di artisti, letterati, musicisti, scultori e non solo che traggono esempio da Leonardo e dai suoi disegni per realizzare nasi esagerati, menti sporgenti e teste con parrucche. Spicca in questa sala l’intrigante olio su tela Testa grottesca di donna (1560), attribuito a Giovan Paolo Lomazzo: qui la deformazione fisiognomica del volto della donna viene portata all’estremo.
Nella sezione “Il naturalismo dei Carracci” emergono poi le opere degli artisti che gravitano intorno a Bologna, tra cui Aspertini, i Carracci (Agostino e Annibale) e Crespi. Nel repertorio esposto, spiccano i lavori dei Carracci, i cui soggetti sono persone e non personaggi, e quelli di Camillo Procaccini. In particolare, il suo disegno Due teste femminili raffigura, con un tratto fine ed elegante, due donne che rappresentano la gioventù e la vecchiaia, l’armonia delle forme della giovane e la disarmonia accentuata nel volto dell’anziana.

Segue poi la sezione dedicata alle caricature del ‘700 veneziano, forse le più immediate e divertenti della mostra. Qui vengono presentate e messe a confronto quelle di Giambattista (1696-1770) e Giandomenico (1727-1804) Tiepolo, che si caratterizzano per la volontà di trasmettere una rappresentazione divertita dei “tipi” umani. I tipi di Tiepolo sono riconoscibili da alcuni attributi più o meno marcati, tra cui si riconoscono ecclesiastici, gentiluomini in piedi o seduti, figure incappucciate viste di fronte o di profilo coperte da grandi parrucche o mantelli. In questo caso la caricatura emerge nell’accentuazione del copricapo o di una deformità fisica: fa sorridere, ad esempio il contrasto tra l’eccessivo rigonfiamento del corto mantello a evidenziare la mole della figura e l’esilità delle gambe sottili. Quello che emerge da queste opere è il tema privilegiato da entrambi gli artisti, cioè la derisione soprattutto degli ecclesiastici che pullulavano a Venezia.

De’ visi mostruosi e caricature si chiude infine con un grande salto temporale che ci porta fino a Francis Bacon (1909-1992) e i suoi Three Studies for a Portrait of Isabel Rawsthorne del 1965. Il trittico rappresenta uno dei venti dipinti dell’amica e artista Isabel Rawsthorne che divenne, negli anni Sessanta, uno dei suoi principali soggetti. Tre sono gli studi del volto di Isabel: nel pannello centrale è frontale, in quello di sinistra ha la testa rivolta verso il centro e in quello di destra è di profilo. L’obiettivo di Bacon non era tanto quello di creare ritratti somiglianti, quanto quello di catturarne l’essenza anche al costo di distorcere il ritratto. Per questo, spesso Bacon utilizzava delle fotografie o semplicemente la sua memoria per essere più libero nel raffigurarli. Ciò che colpisce di questo trittico è la densità della raffigurazione, che cattura lo sguardo del visitatore che ne rimane totalmente incantato.

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