La prima esposizione mondiale dedicata ai tesori fotografici degli archivi di Condé Nast acquisiti dalla Pinault Collection.
A Palazzo Grassi, fino al 7 gennaio 2024, è possibile ripercorrere il 20° secolo attraverso le 407 straordinarie fotografie realizzate tra il 1910 e il 1979 e provenienti dagli archivi di Condé Nast recentemente acquisiti dalla Pinault Collection. Grazie alla mostra CHRONORAMA. Tesori fotografici del 20° secolo, curata da Matthieu Humery, il pubblico può così ripercorrere in ordine cronologico il secolo scorso ammirando illustrazioni e fotografie che ritraggono non solo donne, uomini, attrici e attori, politici, ma anche l’architettura delle grandi città.
Nei due piani di Palazzo Grassi sono esposte le splendide illustrazioni di Eduardo Garcia Benito, Helen Dryden e George Wolfe Plank, che ben presto lasceranno il posto alle fotografie di Edward Steichen, Berenice Abbott Cecil Beaton, Lee Miller, Helmut Newton, Adolf de Meyer, solo per citarne alcuni. Si capisce fin da subito la grande intuizione che ha avuto Condé Nast, prima di tutti, di introdurre le fotografie all’interno di riviste come Vogue e Vanity Fair. Tutto è iniziato nel 1909, quando il giovane editore Condé Montrose Nast acquistò un settimanale dalla modesta tiratura intitolato “Vogue”, fondato già nel 1892 e quasi abbandonato dopo la morte del suo creatore. In poco tempo Condé Nast è riuscito a trasformare “Vogue” in una pubblicazione rivolta a una clientela d’élite e negli anni nella rivista di moda più influente del mondo.

Negli anni Trenta (Condé Nast, ndr) – racconta Matthieu Humery, curatore della mostra e consulente per la fotografia alla Pinault Collection – fu tra i primi a utilizzare le fotografie a colori per le sue riviste e ad adottare un nuovo approccio nei confronti della pubblicità, rivoluzionando di fatto la stampa internazionale sotto molti aspetti. La stretta collaborazione con gli artisti dell’epoca, stabilita fin dagli esordi del suo impero, è un elemento fondante dell’identità del gruppo editoriale e ha permesso l’emergere di alcuni dei più grandi talenti del xx secolo.
Attraverso le fotografie esposte, alcune presentate per la prima volta al pubblico, è possibile ripercorrere anche i cambiamenti estetici attraverso i decenni: le opere infatti sono presentate al di fuori del loro contesto editoriale e mostrano, ad esempio, come il Cubismo abbia contagiato gli abiti e il vestiario dell’élite mondana europea, il Neoclassicismo del primo dopoguerra abbia preso piede nei corsetti tornati a fasciare i corpi delle donne, fino ad arrivare alle minigonne quali espressione di liberazione sessuale della fine degli anni Sessanta.

Le fotografie che arrivavano direttamente alle redazioni di Parigi, Londra e New York avevano l’obiettivo di veicolare un’immagine che doveva poi comparire in una rivista. Spesso allora le fotografie erano accompagnate da un testo che le descriveva o venivano utilizzate a corredo di un articolo o di una pubblicità: alcune delle opere esposte, infatti, riportano segni, macchie, pieghe e annotazioni quali cicatrici della loro vita.
Difficile selezionare le fotografie che colpiscono di più, perché il repertorio presentato è davvero ricco e completo. Nella sala dedicata agli anni Dieci non si può fare a meno di soffermarsi sul dipinto di Stuart Travis che raffigura una donna seduta di profilo in abito verde e cappello coordinato, che colpisce per l’intensità dello sguardo; oppure sulla fotografia di Paul Thompson “La dottoressa Mary Walker, la prima donna che ha indossato i pantaloni in pubblico” (1911 circa). Lo scatto ritrae Mary Walker, medico e chirurgo, femminista, abolizionista e proibizionista, nonché l’unica donna ad aver ricevuto la Medal of Honor, la più alta decorazione dell’esercito americano.

Negli anni Venti vengono presentati attori e attrici come le americane Gloria Swanson, Winifred Lenihan, Fanny Brice, Douglas Fairbanks, campioni olimpionici, ballerine e lo scrittore James Joyce. Nella sala dedicata agli anni Trenta troviamo invece i primi scatti architettonici che rappresentano l’Empire State Building, inaugurato nel 1931, icone come Marlene Dietrich, attrice e musa dei più grandi stilisti, e uomini di stato come Winston Churcill ritratto da Edward Steichen in una posa (di profilo, con lo sguardo rivolto verso destra cioè verso il futuro) spesso usata in pittura per ritrarre i potenti.
Tra gli scatti che colpiscono di più degli anni Quaranta non si può non segnalare quello di Lee Miller “interrogatorio di una donna francese con il capo rasato perché accusata di aver fraternizzato con i tedeschi” del 1944: una scena memorabile, scattata durante la missione della fotografa in Bretagna come reporter di guerra. Questa immagine si distingue dalle altre testimonianze di questo genere perché la scena si svolge in una stanza chiusa invece che sulla pubblica piazza: solitamente, infatti, le accusate venivano portate in strada per essere linciate verbalmente o fisicamente prima di essere rasate sotto gli occhi di tutta la comunità.

Gli anni Cinquanta e Sessanta sono poi caratterizzati dai ritratti di artisti del calibro di Jackson Pollock e di Francis Bacon, attori e attrici come Marlon Brando, Anna Magnani, Audrey Hepburn e politici come John F. Kennedy ritratto da Irving Penn.
E per finire gli anni Settanta con le fotografie che ritraggono Joseph Beuys, David Hockney, Arnold Schwarzenegger, Diane von Fürstenberg, Barbra Streisand e Jon Peters, solo per citarne alcuni.

Genio e coraggio: le parole che evocano, per me, queste fotografie – racconta Anna Wintour, Chief Content Officer, Condé Nast, e Global Editor Director, Vogue, all’interno del catalogo – Una selezione che è anche una lezione di storia, raccontata in una serie di scatti che ripercorrono quasi un secolo intero attraverso le raffigurazioni di persone, luoghi, mode, cultura e arte. La parola “genio” mi sovviene perché ci troviamo, di fatto, di fronte alle opere di alcuni dei più grandi fotografi dei nostri tempi. Steichen, Penn, Horst, Beaton, Newton, Elgort, Miller e molti altri sono nomi leggendari, al pari di quelli dei personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo che ritraevano.
Una mostra da non perdere, perché al termine del percorso sembra di aver preso parte a un bellissimo sogno che ci ha fatto attraversare il tempo, la storia e i personaggi che l’hanno segnata.
Contestualmente all’esposizione è possibile ammirare anche Chronorama Redux, che vede coinvolti quattro artisti contemporanei: Tarrah Krajnak, Daniel Spivakov, Giulia Andreani ed Eric N. Mack sono stati chiamati a posare il loro sguardo su queste opere del 20° secolo. Attraverso il loro lavoro tra pittura, scultura, performance e fotografia, i quattro artisti hanno riportato le opere esposte nel 21° secolo, dando loro un nuovo significato e infondendo nuova vita alle immagini. In linea con la sua missione primaria, la Pinault Collection propone così un dialogo ininterrotto tra storia e contemporaneità.

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