Casa è ovunque 

A Ca’ Pesaro un progetto di residenza con cinque artisti africani accorcia le distanze e fa dialogare due continenti tramite l’arte.

Tradizioni e storie che s’intrecciano, sono quelle che possiamo vedere al museo veneziano di Ca’ Pesaro fino all’1 ottobre. Con il progetto di residenza AFRICA 1:1 LAB, in collaborazione con Akka Project e Africa First, una piattaforma di supporto e divulgazione dell’arte contemporanea africana, due mondi apparentemente opposti vengono messi in dialogo attraverso i lavori site specific di cinque artisti: Option Nyahunzvi, Pamela Enyonu, Alexandre Kyungu, Boniface Maina e Ngugi Waweru.

Il progetto prende vita in concomitanza con Laboratorio del futuro, la 18esima Biennale di Architettura a cura di Lesley Lokko: per la prima volta l’Africa è sotto i riflettori permettendoci di conoscerla meglio. Gli artisti hanno avuto la possibilità di entrare in contatto con la collezione di Ca’ Pesaro, trovare somiglianze tra la tradizione visiva della città lagunare e quella africana, affrontando temi legati alla casa, all’identità e alla spiritualità.

AFRICA 1:1 LAB è un progetto di residenza che permette a noi visitatori di vedere punti di congiunzione nelle tradizioni di due continenti, considerati a volte ancora troppo distanti. E’ buffo notare che la distanza è più corta di quello che sembra, che ovunque andiamo possiamo trovare casa.

Alexandre Kyungu, Untitled 2023, incision on rubber, 160x113 cm. Courtesy of Chris Dennis Rosenberg Kimbugwe.

Nzoloko as a Reflection of Venice è il lavoro di Alexandre Kyungu. L’artista riconosce negli elementi ornamentali tipici della città lagunare, gli stessi motivi geometrici della scarificazione. Questa antica tradizione africana consiste nello sfregiare la pelle al fine di lasciare evidenti cicatrici. Sebbene ogni etnia abbia un proprio motivo geometrico, la sua presenza sul corpo è segno di qualificazione sociale. In maniera opposta, dall’altra parte del Mediterraneo gli stessi motivi geometrici sono funzionali solo alla decorazione della città. Kyungu, forse ironicamente, chiede al visitatore di riconoscere nelle ombre proiettate le strade di Venezia. Il materiale utilizzato sembra sollevare una critica. Questi motivi ornamentali vengono incisi su gomma, un’industria che sta deforestando gran parte del continente africano.

Pamela Enyonu, Red Borders

Pamela Enyonu presenta due lavori, l’installazione Permesso che partendo dal testamento di Felicita Bevilacqua La Masa indaga il concetto di identità e casa, e Prego, un’installazione sonora nel quale l’artista ha chiesto a tredici persone di lingue differenti “Cosa ti manca di casa?”. L’idea delle radici che determinano la nostra persona e l’identificazione con il luogo viene superata. Come possiamo leggere sulla tela dell’artista Home is everywhere, non è solo il luogo nel quale nasciamo o nel quale cresciamo.

Ngugi Waweru, Conservative Bubble 2023, mixed media and acrylics on canvas, 130x100 cm. Courtesy of Chris Dennis Rosenberg Kimbugwe.

“If Walls Could Talk” è il progetto che Ngugi Waweru ha avviato durante la residenza. Partendo dalle imperfezioni dei muri veneziani, l’artista immagina storie d’amore tra le calli. Una città romantica dove un flusso di energie la pervade e la rende unica. Il dipinto esposto in mostra Filling the Holes, rappresenta due amanti che si congiungono da quel flusso di energie, come fili che cuciono la stessa materia creando un solo corpo.

Boniface Maina, The art of ringing 2023, oils on canvas, 160x120 cm. Courtesy of Chris Dennis Rosenberg Kimbugwe.

Il lavoro di Maina Boniface San Mùndù Piazza, prende ispirazione da Piazza d’Italia di De Chirico. Troviamo un grande spiazzo, le strutture architettoniche sono quelle di Piazza San Marco, ma a rendere diverso il lavoro tra i due artisti è il soggetto protagonista. Non più il tempo fermo e congelato, ma il Mùndù, che in dialetto Gikùyù significa uomo. Il Mùndù è al centro della scena, come uno sciamano, all’interno di un’architettura africana, sorregge il suo bastone e guarda fisso lo spettatore. Il tempo, come in tutte le opere d’arte, è un elemento presente che costituisce l’opera in sé. Maina Boniface ha voluto rappresentare lo scorrere del tempo attraverso delle crepe che dipinge sulla tela. Religione e conservazione del patrimonio culturale sono i due aspetti del dipinto, invitando lo spettatore a chiedersi in cosa credere.

Option Nyahunzvi, Black Gondola 2023, acrylics oils and cutting on canvas, 160x120 cm. Courtesy of Chris Dennis Rosenberg Kimbugwe.

Black Gondolier è il lavoro di Option Nyahunzvi. L’artista diventa un gondoliere che percorre le calli di Venezia. A fare da sfondo è un motivo architettonico detto “a bugnato”, che caratterizza sia l’edificio di Ca’ Pesaro che quello di Akka Project. Option non è un gondoliere comune, ma è caratterizzato dal motivo zebrato, il totem Option “Mbizi” che in lingua Shona significa l’animale a strisce bianche e nere col quale l’artista si identifica. L’acqua non è più bluastra e coprotagonista. Prende vita con queste striature, si uniscono col corpo del gondoliere formando un disegno optical.

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Lucrezia Odorici
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