Patricia Low ospita la mostra “House of the Lobster – From Pompeii to Venice”, una personale di Philip Colbert
Una serie di opere racconta le mitiche – e mitologiche – avventure dell’aragosta, alter ego dell’artista. Philip Colbert analizza il contemporaneo in chiave pop attraverso la costruzione di un personaggio che vive in molteplici tempi, luoghi e universi. La serialità è ciò che caratterizza l’arte di Colbert: non solamente nella ripetizione e adattamento di un modello ma anche nell’uso di differenti media. È così che l’artista crea un suo proprio universo.

Spin off di questa narrazione è quello presentato nella galleria Patricia Low a Venezia. Qui, soggetto principale è la rielaborazione dell’elemento mitologico, in particolare di Pompei e della Grecia classica. Colbert propone una visione distorta del mito, lo rappresenta con colori accesi, racconta una storia in una prospettiva unica, attraverso le avventure dell’aragosta. La personale dell’artista diventa allora un episodio di una lunga serie, la scoperta di una vicenda, di una storia del personaggio. Un insieme di opere che, sommate all’intero corpus, permettono di conoscere qualcosa in più del suo alter ego.

In mostra una decina di opere raccontano una nuova mitologia, piena di rimandi artistico-letterari. Ponto, Proteo, una battaglia tra bene e male, temi importanti vengono comunicati in modo ironico, accattivante, ludico. Anche nell’allestimento spensieratezza e divertimento non possono mancare: i fregi sui muri e intorno ai piedistalli richiamano lo stereotipo dell’antichità, con l’aggiunta del tratto ironico delle chele. “House of the Lobster – From Pompeii to Venice” gioca sui concetti di mito e stereotipo, sfrutta la serialità per costruire una narrazione distorta del presente.

Le storie dell’aragosta diventano in questo modo un’occasione, per poter indagare problematica di portata maggiore, tematiche più importanti, come quelle proprie del mito. La costruzione del personaggio è stata più volte espediente, per le battaglie dell’artista. Tra queste si ricorda “Lobstars”, una collezione di 7.777 aragoste NFT. In particolare, la scelta di devolvere a enti benefici le vendite del progetto virtuale – non a caso – destinate alla ricerca per il benessere della fauna marina.
Non è un caso allora nemmeno Venezia, città che richiama in continuazione l’attenzione di Colbert. Dalla serie di dipinti contro le grandi navi nel 2017; all’evento durante l’opening della Biennale nel 2022, quando un’enorme aragosta galleggiava nel Canal Grande. Ad oggi. Venezia è stata ispirazione per l’artista per il suo fascino – indiscusso – e per le sue difficoltà ambientali.

Dove si ferma allora la superficialità del pop di Colbert?
L’artista scherza con la serialità proponendo mille avventure, intrattiene con ironia e riferimenti artistici importanti, usa sapientemente il potenziale di collezionismo degli NFT. Se gli NFT vengono spesso associati a una dinamica prettamente consumistica, Philip Colbert decide di farne il loro punto di forza, non solo per un interesse personale, quanto più a sostegno dei propri ideali. L’arte di Colbert si muove nel e grazie al consumo, si alimenta nel collezionismo, scherza con la società. Il modo in cui l’artista si inserisce perfettamente nel corso di questi eventi denota consapevolezza, la capacità di surfare sulle problematiche del presente riportandole a discorsi più importanti che meritano di essere affrontati. Anche con un approccio leggero come il suo.
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