L’M9 ci racconta la brutalità del secolo scorso attraverso il lavoro di Emilio Vedova
A Mestre, il Museo del ‘900 presenta la mostra Rivoluzione Vedova. Il percorso attraverso la vita dell’artista veneziano, ci permette di cogliere i punti salienti di quella che è stata la storia politica del secolo scorso.
Rispetto ai primi lavori, le opere Absurdes Berliner Tagebuch ’64, risalenti al periodo berlinese, diventano imponenti e iniziano ad invadere lo spazio. La “catena di plurime reazioni aventi animazione esplosiva” – come la definiva Vedova – venne studiata appositamente per la Documenta 3 di Kassel. Le tavole diventano alte, pesanti e ingombranti. Si intersecano tra di loro, costruiscono strutture assemblate da ganci o sostenute in equilibrio da corde. Girando intorno ad esse se ne percepisce la fragilità. La sensazione è quella di una strage. Come se da un momento all’altro una tavola potesse cadere o le strutture sospese in aria potessero schiantarsi sul pavimento. La pittura qui, come sui Tondi poi, invade la stanza e l’attraversa. Si riescono a sentire i colpi delle pennellate colorate, il rumore stridulo dei graffi incisi sulle tavole di legno.
Tra queste strutture dormienti mi sono sentita piccola e all’interno di una scenografia teatrale. Alzando lo sguardo, si incontra a metà sala una figura sospesa. Sembra un uomo e la sua spigolosità, la sua testa affondata nel corpo centrale, mi ha ricordato Hugo Ball quando nel 1916 indossa un costume per una rappresentazione teatrale al Cabaret Voltaire.

Continuando il percorso si accede alla sala dedicata ai Tondi. Anche qui la monumentalità di queste tavole percorribili, avvolte da un bianco accecante, porta ad uno stato contemplativo. Le pennellate sono feroci, i toni sempre più saturi. Dietro il simbolico lavoro Chi brucia un libro brucia un uomo, nato in risposta alla tragedia della Biblioteca Nazionale di Sarajevo, c’è un tondo che sembra perdersi nel bianco del muro. Non è come gli altri. Qui non vi è diretta interazione con la tavola, anzi questa viene preservata da un telo di nylon trasparente. Su queste irregolarità leggiamo, come una mappa, parole che caratterizzano un momento come quello della guerra: petrolio, mondo, reperto, deserto… Ma un termine in particolare viene ripetuto più volte e risuona con intensità: fame.

Il rapporto tra arte e architettura è più evidente nell’installazione …in continuum, compenetrazioni/traslati ’87/’88. La pittura si dilata, invade e abita lo spazio con prepotenza. Come nello studio di un’artista, troviamo innumerevoli tele sparse. Esse si sorreggono a vicenda, una appoggiata all’altra. Tra i bianchi e neri, si lasciano intravedere alcune tele con fondo colorato. Torna (o c’è sempre stata?) la sensazione di instabilità. Viene quasi da chiedersi se siano fissate bene o possano crollare all’improvviso. Torno a casa con questa sensazione precaria che ha accompagnato il mondo durante il secolo scorso.
LINK
- Emilio Vedova. La fame del Novecento - Ottobre 13, 2023
- In mezzo alle terre c’è il Mare - Giugno 23, 2023
- Casa è ovunque - Giugno 9, 2023