Ogni novembre il capoluogo Piemontese si trasforma nel centro artistico del nostro bel Paese, portando un’esplosione di vitalità internazionale in città e non solo.
Quest’anno ho deciso di partire dai numeri per far comprendere di quale tipologia di evento stiamo parlando. Artissima 2023 si conferma la principale fiera italiana del mondo dell’arte contemporanea, l’unica – insieme a Miart – a far muovere un numero così alto di pubblico dall’Italia e da ogni parte del globo. Nelle quattro giornate di apertura, la kermesse torinese, diretta per il secondo anno da Luigi Fassi, ha raggiunto i 34.000 visitatori, superando il dato di affluenza delle ultime edizioni e collocando la fiera tra gli appuntamenti d’arte contemporanea imprescindibili a livello mondiale.
Trenta erano le candeline che ha spento quest’anno Artissima, una storia che inizia a farsi consistente, ma che non intacca minimamente la sua indole di luogo di sperimentazione e di ricerca, continuando a proporre progetti interessanti sia dentro che fuori gli spazi della fiera.

Una volta osservati velocemente i numeri – fondamentali per “quantificare” la vitalità del nostro mondo dell’arte – passiamo a osservare la consistenza culturale e artistica di Artissima 2023.
Il tema di questa nuova edizione è stato, Relations of Care, tratto da un concetto sviluppato in un recente saggio dell’antropologo brasiliano Renzo Taddei, professore di Antropologia all’Universidade Federal de Sao Paulo in Brasile. Recuperando questo pensiero di origine indigeno-amazzonica, la fiera ha provato a coniugare le emergenze del presente con nuovi spunti per pratiche di convivenza collettiva, riflettendo sull’idea di cura.
Devo ammettere che sono sempre stato contrario a generalizzare, nella vita così come nel lavoro, poiché si corre il rischio di perdere di vista i dettagli e le sfumature di ciò che ci circonda. La stessa cosa accade anche con eventi della portata di Artissima, dove l’offerta proposta è talmente ampia che è impossibile ridurre tutto a un unico giudizio. Quello che però possiamo affermare con certezza è che siamo tornati a una versione della fiera più “pettinata”, dove non sono mancati alcuni esempi di eccentriche installazioni sperimentali. Un aspetto interessante è sicuramente il maggior spazio dedicato a progetti curatoriali concepiti come piccole esposizioni temporanee con concept interessanti e coerenti con le opere presentate. Questo lo si è visto soprattutto nella sezione New Entries, dove – forse – il desiderio di mostrarsi con progetti forti, quasi fossero dei manifesti visivi, è ancora molto alto.
Se volessimo creare un piccolo itinerario immaginario dei progetti che hanno maggiormente incarnato questi aspetti – senza citare i giganti dell’arte contemporanea presenti in fiera – potremmo seguire un percorso di questo tipo.
Prima tappa: HOA (New Entries)
Siamo in Sud America, nello specifico in Brasile. HOA è un’organizzazione artistica nata nel 2020 con la missione dichiaratamente anticoloniale di promuovere l’arte latino-americana, liberandola dai pregiudizi esotisti dello sguardo occidentale. HOA ha presentato i lavori di Rafaela Kennedy, Renan Aguena e di Caroline Ricca Lee, che raccontano la vita nel Brasile di oggi.

Seconda tappa: Chalisée Naamani – CIACCIA LEVI (Present Future)
Nella sezione Present Future, quella dedicata ai talenti emergenti, trovavamo Chalisée Naamani (1995), vincitrice della prima edizione del Premio Pista 500, della Pinacoteca Agnelli. L’artista francese, presentata dalla galleria Ciaccia Levi, (Parigi-Milano), attirava l’attenzione con forme scultoree di tessuto e stoffa. Quello che a primo sguardo poteva sembrare un insieme di abiti kitsch appesi alle pareti, erano in realtà la cifra stilistica della ricerca di Naamani. Il suo è uno sguardo critico e attento alla situazione attuale della diffusione e della produzione di immagini, ponendola in relazione con il destino simile del mondo della moda. “Siamo quello che indossiamo” e ogni nostra scelta è una scelta politica, anche quando decidiamo cosa indossare. Vestirsi significa modificare il nostro corpo, scegliendo di seguire determinate regole che variano a seconda del luogo in cui ci troviamo. L’estetica di Chalisée Naamani è accattivante ed è capace di descrivere perfettamente il gusto delle nuove generazioni.
Terza tappa: Cemile Sahin – Esther Schipper (Present Future)
Sempre nella sezione Present Future, trovavamo uno stand trasformato in spazio espositivo per la mostra personale di Cemile Sahin, intitolata Simple Things e presentata al pubblico dalla galleria Esther Schipper (Berlino-Parigi-Seoul).

Quarta tappa: Umberto Benappi (Main Section)
Concludo questo tour nella Main Section con il progetto proposto da UMBERTO BENAPPI. La galleria torinese proponeva la selezione del materiale d’archivio del videoambiente Il nuotatore (va troppo spesso ad Heidelberg),progetto di STUDIO AZZURRO, esposto per la prima volta a Palazzo Fortuny a Venezia nel 1984. Insieme alla maquette e al video di backstage, la galleria ricreava, all’interno dello stand, un ambiente capace di immergere lo spettatore in una piscina. Sospese in un’atmosfera di colore blu, due file di dodici monitor, accostati uno all’altro, erano attraversati dalle bracciate di un nuotatore che si spostava di schermo in schermo. Con gesti ripetuti, attraversava i televisori, instancabilmente, come se trascinasse la pellicola da un fotogramma all’altro. La scena veniva osservata da un altro monitor che mostrava un orologio che si agitava nervosamente, senza scandire il loop infinito del nuotatore. Un’esposizione che omaggiava lo storico collettivo, portando agli occhi di noi più giovani un pezzo d’archivio della storia dell’arte italiana.
Progetti di questo tipo, insieme alle opere dei protagonisti indiscussi del mercato internazionale, rendono Artissima l’evento imperdibile per gli addetti ai lavori e per gli appassionati d’arte contemporanea.
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