Alla Fondazione Merz un progetto che affonda le sue radici nell’attivismo, spingendoci a riconsiderare la storia e a esplorare nuove prospettive

L’arte di Rabah si estende in molte direzioni, tra pittura, scultura e installazione: ciò che lo contraddistingue è la sua capacità di sfidare la percezione pubblica, le aspettative e le modalità di esposizione. Con Through the Palestinian Museum of Natural History and Humankind, Rabah ci invita a guardare al di là delle narrazioni ufficiali e ad abbracciare l’ambiguità del mondo in cui viviamo, a porci delle domande legittime e a muovere la coscienza, eventualmente.
Il museo in costante evoluzione non è solo un luogo di esposizione, ma un’esperienza interattiva, gli spazi che ospitano la mostra sembrano incoerenti, incompiuti, con pareti circondate da impalcature che suggeriscono che il progetto sia ancora in fase di costruzione o smontaggio. Un’affermazione potente: il passato e il presente sono sempre in movimento, in evoluzione, come il museo stesso, nessuno ne è immune, né prima né ora né dopo.

Il Palestinian Museum of Natural History and Humankind si concentra sul genere umano e sulla natura, offrendoci la possibilità di intraprendere un viaggio in cui l’arte diventa un mezzo di liberazione dai disegni del potere. Gli ulivi, simboli della cultura mediterranea, emergono come un segno di rinascita e di vittoria contro le secche politiche internazionali.
Questo museo ci lascia con l’enigmatico neon rosso di “Act III: Molding”, che recita: “In this issue: Statement concerning the institutional history of the museum”. Ovviamente è un richiamo a riflettere sulla storia istituzionale del museo, un gesto che ribadisce il carattere internazionale di un’istituzione che sfida le convenzioni e cerca di tessere nuove relazioni e significati.
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